L'accordo Usa-Cina sul clima, è una svolta?

L'hanno definito "storico". Il giorno dopo l'avvenuto accordo tra gli Usa e la Cina sulla riduzione di emissioni di gas serra entro il 2030, le testate giornalistiche hanno riempito le proprie colonne con la parola storico. Parola utilizzata anche dallo stesso presidente americano Obama - ancora scosso per la sconfitta elettorale di medio termine - durante l'annuncio dell'avvenuto accordo tra le due superpotenze, che insieme emettono il 43% delle emissioni di CO2 nel mondo.

Di cosa tratta questo accordo firmato tra il presidente Obama e il presidente Xi Jinping? Le due potenze si impegnano a ridurre le emissioni di CO2 e altri gas serra entro il 2025/30. La Cina si è impegnata a mettere un cap alle emissioni di gas serra, che dovranno iniziare a diminuire al massimo nel 2030, e a portare la quota di energia prodotta da fonte non fossile al 20% dell'energy mix sempre entro il 2030. Per gli Stati Uniti, l'obiettivo fissato è di ridurre le emissioni del 26/28% entro il 2025 rispetto al 2005: il presidente USA ha messo quindi per iscritto l'obiettivo già annunciato nel Climate Summit del 23 settembre. Il precedente impegno statunitense era di un taglio del -17% entro il 2020.

Molti hanno definito questo accordo più un accordo politico che un vero programma di riduzione delle emissioni, in quanto è avvenuto subito dopo la cocente sconfitta democratica subita da Obama alle elezioni di medio termine. Sembra come se il Presidente americano voglia dire ai suoi avversari che il suo programma politico continua nonostante tutto, e all'elettorato democratico di avere fiducia nel suo entourage. La Cina, dal canto suo, comincia a sentire fortemente il problema delle emissioni, basti pensare alle nebbie che sorvolano Pechino. Gli abitanti cominciano a preoccuparsi davvero sulla propria salute e chiedono risposte verdi al governo. Risposte che sono arrivate con tale accordo ma, soprattutto, con l'inizio di una politica volta al rinnovabile. Ma non basta, poiché la richiesta energetica è troppo alta e, di conseguenza, verranno costruite nuove centrali di carbone per il fabbisogno richiesto. Sono piccoli passi verso un futuro più sostenibile.

Questi dati forse non bastano per dare davvero un'impronta significativa al problema dei cambiamenti climatici, ma questo accordo potrebbe essere l'inizio di un nuovo piano ambientale. Nonostante tutto, dopo il fallimento di Copenhagen 2009, questa stretta di mano tra le due super potenze si può davvero ritenere una tappa storica e per il momento soddisfacente, ma non bisogna fermarsi a questo punto. A dicembre ci sarà un incontro a Parigi, preceduto dal summit di Lima, dove le potenze mondiali si riuniranno per discutere dei problemi ambientali e arrivare con questo accordo tra le mani potrebbe essere una spinta a continuare con le riduzioni di emissioni, ma soprattutto per cominciare a puntare sulle energie rinnovabili, prendendo esempio dal Brasile o dalla Norvegia che ha stanziato 150 milioni di dollari per la Liberia, che a sua volta si impegnerà a fermare la deforestazione. Non è un atto di carità ma uno scambio: la Liberia ottiene fondi di cui ha bisogno e la Norvegia difende la biodiversità e fa un piccolo passo contro il riscaldamento globale. Ecco l'idea: aiutare i paesi in via di sviluppo a sostenere i costi per un'economia meno inquinante, e non è da sottovalutare. Certamente non si deve sperare che all'improvviso questi paesi rinuncino alla ripresa, ma cercare di condurli ad economie meno inquinanti con l'ausilio di aiuti economici, ma anche tecnologici, che investano sui nuovi mezzi meno inquinanti.

Che le due potenze abbassino le riduzioni è importante, ma bisogna pensare anche a quei paesi che stanno crescendo economicamente e quindi stanno emettendo CO2 a grosse quantità. E' su queste economie che bisogna agire, spiegando loro che esiste un'alternativa alle energie inquinanti per arrivare ad alti livelli economici, petrolio e carbone devono essere esclusi e anche l'energia nucleare, non tanto per come viene creata ma per le scorie che emette: in Italia, infatti, ancora si cerca un posto dove collocarle. Questo accordo potrebbe davvero essere un incentivo per alcuni paesi a rinunciare a trivellare per la ricerca del petrolio (Per esempio in Italia si sta pensando di trivellare in Irpinia, una terra a forte rischio sismico, e le trivelle rovinerebbero un paesaggio naturalistico davvero unico) e puntare sulle energie rinnovabili.

Ora la parola passerà all'Europa, infatti anche l'Unione deve dare una risposta "verde" a questo vertice, dopo l'ultimo deludente accordo siglato a Bruxelles sul clima con le riduzioni di gas serra al ribasso. Cina e Usa hanno lanciato il sasso, ora spetta agli altri raccoglierlo nella maniera migliore, pensando che abbiamo chiesto troppo al nostro Pianeta ed è giunto il momento di farlo rifiatare.

Autore Roberto Minichiello


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