'Pete' il chip che moltiplica l'efficienza del fotovoltaico

È stata affinata tre anni fa dai ricercatori di Stanford (California) l'analisi e lo sviluppo di un prototipo che permette di sfruttare luce e calore solare per generare energia elettrica.

La tecnica sperimentata da Stanford si chiama PETE (Photon Enhanced Thermionic Emission) ed è un sistema di sodalizio tra il sistema dei pannelli fotovoltaici e il sistema dei pannelli termodinamici. E lo stesso nome Photon Enhanced Thermionic Emission racchiude un vero processo tecnologico - oltre che una svolta concettuale - che i ricercatori hanno elaborato come modalità per catturare e sfruttare sia la luce, sia il calore in un dispositivo solare che aumenta l'efficienza degli impianti termodinamici, riducendo i costi.

 

Due sono gli approcci più noti per ottenere energia elettrica dal sole: 1.l'uso dei pannelli fotovoltaici denominato anche approccio quantico capace di produrre energia sfruttando i fotoni; 2. l'uso dei pannelli solari termodinamici, detto invece approccio termodinamico che utilizza le radiazioni solari come sorgente di energia termica che viene incamerata in speciali fluidi, poi utilizzati a loro volta per alimentare turbine a vapore. Ma PETE si colloca tra le due tipologie e riesce a sfruttare entrambi i processi.


rafforzamento termoionico a emissione di fotoni
(Rafforzamento termoionico a emissione di fotoni o PETE, è un modo fondamentalmente diverso di sfruttamento dell'energia, in particolare nel campo dell'energia solare)

La squadra di ricercatori capitanata da Nick Melosh per fare in modo che questi due sistemi interagissero ha sostituito il silicio con il nitruro di gallio - un semiconduttore capace di lavorare a energie più alte - e ha aggiunto un secondo strato metallico a base di cesio, per aumentare ulteriormente la produzione di elettroni attraverso un meccanismo conosciuto come effetto termoionico. 

ritratto fotografico di N. Melosh ricercatore di Stanford

(Ritratto fotografico di N. Melosh ricercatore di Stanford)

 

 

Dal 2010 ad oggi gli scienziati sono riusciti a migliorare PETE a tal punto da averne aumentato l'efficienza di un centinaio di volte e ciò ha significato un importante passo avanti nella ricerca e nella realizzazione di dispositivi pratici; PETE infatti rappresenta un vero e nuovo processo di conversione energetica.

La rivoluzione risiede nel fatto che le celle fotovoltaiche convenzionali utilizzano solo una porzione di lunghezze d'onda dello spettro solare per generare energia elettrica; PETE invece impiega uno speciale chip di semiconduttori per produrre elettricità utilizzando l'intero spettro solare, comprese le lunghezze d'onda dei raggi infrarossi.

E ciò risulta essere secondo le affermazioni e testimonianze di N. Melosh (professore associato di scienze dei materiali e ingegneria a Stanford) un vero traguardo per la realizzazione di dispositivi pratici e basati sulla tecnica per sfruttare luce e calore solare. 

In che modo i ricercatori immaginano di poter impiegare questo dispositivo?

Dato che il sistema PETE opera bene a temperature molto calde, gli scienziati sono convinti si possa integrare ai grandi impianti solari a concentrazione, come  i progetti multi-megawatt in programma nel deserto del Mojave in California, perché in questi casi il chip aiuterebbe ad aumentare la loro produzione elettrica anche del 50%.

Ma PETE in realtà potrebbe essere risolutivo anche per questioni economiche perchè le alte concentrazioni solari permettono di usare pannelli di dimensioni minori e da qui ne consegue l'abbattimento dei costi del materiale da impiegare.

I dispositivi PETE sono naturalmente sinergici con le macchine termiche e potrebbero essere implementati collegandoli alle infrastrutture termico-solari esistenti. Anche un solo modulo PETE con una macchina termica, potrebbe raggiungere un'efficienza totale superiore agli altri dispostivi oggi utilizzati.

 

il meccanismo di PETE in immagine

 

 

E dunque l' equipe californiana guidata da Melosh ha sicuramente ampliato uno spettro di ricerca innovativo e fresco. E non ci resta che augurarci che la ricerca si diffonda a macchia d'olio. Perché come citava Johann Gottlieb Fichte " Dal progresso delle scienze dipende in modo diretto il progresso complessivo del genere umano. Chi frena il primo frena anche il secondo".

 

 

AutoreDott.ssa Maria Logroio


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