I pannelli solari del futuro? Un mix di batteri e materiali non viventi

I pannelli solari del futuro? Un mix di batteri e materiali non viventi

È ancora una volta il MIT (Massachusetts Institute of Technology) a realizzare uno studio fondamentale e innovativo per la scienza e per l'uomo, che potrebbe avere anche implicazioni interessanti nel campo delle energie rinnovabili e della tecnologia dei pannelli solari.

Si tratta di una ricerca portata avanti da un gruppo di scienziati del MIT, guidati dal docente in ingegneria biologica Timothy Lu e dal dottore di ricerca Allen Chen, che è stata pubblicata sulla rivista di settore "Nature Materials" e che riguarda la possibilità di creare materiali viventi in grado di interagire con l'ambiente, condurre elettricità o emettere luce.

Le celle solari dei pannelli fotovoltaici potrebbero trarre vantaggio dai materiali 'viventi' ideati dal MIT

(Le celle solari dei pannelli fotovoltaici potrebbero trarre vantaggio dai materiali 'viventi' ideati dal MIT)

Lo studio: cosa sono e come si formano questi materiali viventi?

Il team di ricercatori del MIT ha voluto porre fine alla situazione standard per cui tutto ciò che circonda può essere creato con materiali naturali o con altri progettati in laboratorio, senza mai avere la possibilità di combinare le due tipologie.

Partendo dall'esempio delle ossa umane, formate da cellule viventi e minerali, gli scienziati hanno realizzato uno studio che dimostra come sia possibile integrare materiali viventi come i batteri con altri non viventi come nanoparticelle d'oro o punti quantici (quantum dots). L'ibrido prodotto avrà le stesse caratteristiche di una cellula viva, per cui potrà appunto emettere della luce o diventare conduttore di energia elettrica, per non parlare della possibilità di reagire agli stimoli ambientali.

Timothy Lu spiega quanto sia "interessante pensare in questo modo al processo di sintesi dei materiali, molto diverso dall'approccio comune della gente", riconoscendo il grado di innovazione della scoperta e la sua portata in tutti i campi delle scienze.

Per creare l'ibrido, il team di ricercatori è partito dal batterio Escherichia coli (E.coli), che ha la capacità di formare un sottile strato detto biofilm, composto di proteine (Csga) che gli permettono di attaccarsi a qualsiasi superficie. Queste proteine sono in grado di catturare e attrarre particelle di materiali non viventi, incorporandoli nel biofilm. I ricercatori possono programmare in un certo senso queste fusioni, manipolando le caratteristiche delle proteine e delle particelle aggiunte, in modo da ottenere strati aggregati complessi, in cui le due differenti componenti comunichino tra di loro. Gli scienziati hanno fatto la prova con delle nanoparticelle d'oro: dopo essere state introdotte nel biofilm, i batteri alla base di esso hanno subito catturato le fibre del materiale non vivente e ne hanno assorbito in parte le funzionalità.

Il discorso potrebbe estendersi dunque a moltissimi altri materiali non reperibili in natura, come i conduttori organici di elettricità o i metalli. I batteri potrebbero sviluppare l'autonoma capacità di introiettare le caratteristiche di queste particelle non viventi per costruire da sole strutture molecolari nuove, in virtù della loro tendenza ad interagire con l'ambiente circostante.

Disegno di un possibile batterio unito a nanoparticelle d'oro e quantum dots. Imm: Yan Liang

(Rappresentazione grafica di un batterio unito a nanoparticelle d'oro e quantum dots. Imm: Yan Liang)

Come costruire pannelli solari con questi materiali?

Una scoperta del genere offre diversi spunti di riflessione per quanto riguarda le possibilità di applicazione di questo nuovo materiale. All'interno dello studio si accenna all'eventualità in cui questo mix di batteri e particelle non viventi possa essere utilizzato nel campo dell'energia rinnovabile e in particolare in quello del fotovoltaico: proprio i pannelli solari potrebbero avvalersi delle nuove scoperte e ipotesi del team del MIT.

L'unione di ingegneria e biologia potrebbe giovare all'implementazione di celle solari più efficienti e quindi di pannelli solari in grado di produrre a basso costo una maggiore quantità di energia. Sarebbe proprio la capacità di interazione delle particelle del materiale ibrido con l'ambiente a renderlo adatto al campo del fotovoltaico, perché le celle solari sarebbero maggiormente in grado di catturare la luce del sole.

Al di là di questa applicazione in campo energetico, gli scienziati del MIT ipotizzano un utilizzo del materiale ibrido in batterie e dispositivi ingegneristici d vario tipo.

AutoreDott.ssa Irene Armaro


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