Battaglia europea sulle emissioni di CO2

Uno dei problemi legati all'industrializzazione è l'emissione di CO2 che si incrementa con l'aumento della produzione industriale, con gli impianti industriali che inquinano e rilasciano nell'ambiente un quantitativo di CO2 maggiore rispetto a quella naturale.

In questi giorni a Bruxelles si sta discutendo sulle emissioni di CO2 e sulla quota di energia che bisognerebbe coprire con le energie rinnovabili, come quella solare ed eolica. In pratica consiste nel fare un aggiornamento sulla politica relativa al 20% di riduzione di emissioni rispetto al 1990, al 20% di rinnovabili, al 20% di aumento di efficienza, tutto ciò entro il 2020.

La Commissione europea si è confrontata e il 22 Gennaio si dovrà render noto un pacchetto competitività, vale a dire quattro comunicazioni su energia, industria, cambiamenti climatici e shale gas (o gas ottenuto da argille) che dovranno riguardare la sia riduzione della CO2 che la quota di energia rinnovabile al 2030. Alcuni commissari come il vicepresidente Tajani, Olli Rehn agli Affari economici, Dacian Ciolos all'agricoltura e Oettinger hanno fatto uno schieramento contro la proposta che è in maggioranza, e che ha fissato al 40% il tetto alle emissioni. Sostengono che sarebbe opportuno fermarsi al 35%, corrispondente a una quota di rinnovabili del 24% rispetto il 27%. Secondo Tajani: politica industriale e ambientale devono coincidere, sono importanti dunque obiettivi equilibrati, che non obbligano le aziende ad effettuare una delocalizzazione. Insieme al presidente Barroso e gli altri commissari c'è il sostegno dei ministri dell'Ambiente e anche dell'Energia di Stati membri notevoli come Francia, Regno Unito, Germani ed Italia, i quali hanno inviato una lettera a Bruxelles, in cui hanno scritto che un obiettivo ambizioso riguardante la diminuzione dei gas serra di almeno il 40% sarà necessaria per permettere decine di miliardi di impieghi finanziari di cui c'è urgenza.

Ciò che desta curiosità è che il vicepresidente della Commissione Ue in contrapposizione al ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, insieme al ministro per lo Sviluppo, Flavio Zanonato, che manifesta scetticismo sull'abbinata tetto al 40% ed obbligo di quota nelle rinnovabili al 30%. Quale è dunque la posizione del governo italiano? Ma non è finita qui, perché anche sul fronte europeo non si ha un quadro chiaro in cui ci sia compattezza. In effetti ciascun Paese imporrebbe il proprio interesse, infatti, il Regno Unito declinerebbe obblighi sulle energie rinnovabili ma soltanto sulla CO2 perché Cameron ha un orientamento sull'energia nucleare e sullo shale gas, invece alla City interessa il business del trading sui diritti alle emissioni. La Germania ha un interesse opposto invece, meno obblighi sulla CO2 perché vorrebbe uscire dal nucleare, ha un'industria del settore auto potente e ha mirato tutto sulle energie rinnovabili. In posizione intermedia c'è l'Italia, che rischierebbe di prendere la peggio.

AutoreDott.ssa Marianna Alfinito


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