Dal guscio dei gamberi la pellicola biodegradabile: il segreto nel chitosano

Ai più il termine "chitosano" non dice assolutamente nulla, potrebbe essere tranquillamente scambiato per il nome di un vino o di qualche additivo per i pasticcieri. Si tratta invece di uno degli elementi studiati per tentare di trovare una strada alternativa alla plastica nel packaging degli alimenti, di origine completamente naturale, biodegradabile e dall'efficacia che potrebbe addirittura superare quella delle comuni pellicole da cucina.

gamberi

(Il chitosano è naturalmente presente nel guscio di gamberi e di altri crostacei)

Dal chitosano, elemento naturalmente prodotto nel guscio di gamberi, gamberoni ed altri crostacei, guidati da Itsaso Leceta, sono arrivati a concepire una nuova tipologia di film che abbia come base il particolare materiale di scarto. Nel corso dello studio, pubblicato sul numero di febbraio di Postharvest Biology and Technology, sono state prese ad esempio le carote, la cui conservazione è stata messa a confronto tra un packaging in plastica tradizionale ed uno a base di chitosano.

Dai risultati ottenuti si è evinto come il film a base di chitosano abbia contribuito meglio della plastica a conservare alcune proprietà delle carote, ottenendone di conseguenza una possibilità di conservazione più lunga nel tempo. Il motivo della maggiore efficacia, come spiega lo stesso Itsaso Leceta, è da ricercare nelle proprietà antimicrobiche contenute naturalmente nel chitosano, che riducendo la carica microbica permettono agli alimenti protetti dal materiale di mantenerne più a lungo e più efficacemente le proprietà.

Questo fa sì che il chitosano si riveli un alleato per l'industria del cibo, si potrebbero proporre al consumatore cibi più freschi e sicuri permettendo inoltre al venditore di mantenerli più a lungo sul banco della vendita, ma non è ancora tempo per parlare di una eventuale commercializzazione della pellicola ottenuta. Itsao Leceta ci tiene a sottolineare come per il futuro dell'industria alimentare sarà difficile pensare di poter impegnare un solo e unico e materiale; piuttosto è convinto che la strada futura vivrà di sinergia tra diversi polimeri da studiare e far collaborare. Il chitosano stesso, al momento, per quanto in laboratorio abbia dato risultati più che soddisfacenti, non è ancora abbastanza conosciuto da poterne pensare un approdo sul mercato in tempi stretti; prima di arrivarci sarà infatti necessario condurre altre ricerche a più livelli, e prima di completare tutti gli studi necessari per un'eventuale commercializzazione dovranno passare molti vetrini, test sul campo e calcoli economici.

plastica in mare

(La dispersione in mare della plastica finisce per compromettere anche la catena alimentare umana)

Certo, il chitosano non è ancora da considerare una certezza nel campo del bio-packaging, ma resta comunque una buona strada di partenza per liberare lo scambio di cibo dal mare di plastica non sempre smaltita a dovere dal consumatore. Ad oggi, quando i materiali plastici – in particolar modo buste e confezioni – finiscono nell'ambiente, la strada sicura che vanno a percorrere finisce per intaccare anche la catena alimentare umana, che rischia di veder aggiunti a trote e salmoni anche frammenti di plastica che non possono essere definiti salutari.

AutoreDott. Vito Tricarico


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