La Nasa brevetta pannelli solari ispirati all'arte dell'origami

La NASA brevetta pannelli solari ispirati all'arte dell'origami

È ormai assodato che l'ispirazione per la costruzione di nuovi prototipi di pannelli solari possa arrivare da qualunque campo del sapere. La tecnologia, nonostante il grado di perfezione raggiunto in alcuni casi, spesso non basta a sé stessa e ha bisogno di attingere altrove per migliorarsi. Uno dei casi più clamorosi lo si registra proprio in relazione alla ricerca nel settore del fotovoltaico: un gruppo di scienziati starebbe brevettando un sistema di pannelli solari da lanciare nello spazio che si ispirano all'arte dell'origami giapponese.

La brillante idea va attribuita ad un team di ingegneri della Brigham Young University che, in collaborazione con il Jet Propulsion Laboratory della NASA (dedicato alla creazione di sonde spaziali) e il fisico, massimo esperto di origami, Robert Lang, starebbero studiando un metodo per lanciare nello spazio pannelli solari pieghevoli in grado di produrre energia tale da alimentare satelliti e stazioni spaziali.

Il sistema brevettato andrà ad implementare gli strumenti ad alta tecnologia della NASA, che a tale scopo ha messo a disposizione del gruppo di scienziati il proprio laboratorio.

Pannelli solari a forma d'origami

(Pannelli solari a forma d'origami)

La storia del progetto

Il team di studiosi della BYU ha trascorso gli ultimi tre anni circa ad occuparsi di progetti interni che si avvalessero del supporto dell'arte dell'origami. La tecnica di piegatura giapponese è apparsa per molto tempo utile agli scienziati nell'implementare nuovi prototipi ingegneristici.

L'idea di applicare questo modello al campo dei pannelli fotovoltaici è arrivata grazie alla studiosa Shannon Zirbel, dipendente della NASA, che ha aderito al progetto della BYU nel 2012.

In realtà i rapporti tra l'Università e la NASA sono sempre

stati molto stretti, per questo numerosi ricercatori hanno potuto frequentare negli ultimi anni il Jet Propulsion Laboratory, all'avanguardia per quanto riguarda la progettazione di strutture per lo spazio.

Tra i protagonisti del progetto dunque si può annoverare proprio Shannon Zirbel, determinante per quanto riguarda il design dei pannelli solari, grazie alle conoscenze e alle collaborazioni portate avanti nel suo percorso accademico e professionale.

Un altro membro illustre del progetto è poi Robert Lang, noto fisico, ma

soprattutto teorico della ‘matematica degli origami', che consente di risolvere problemi di geometria o equazioni matematiche tramite l'arte della piegatura della carta giapponese. Lang ha cominciato a prendere parte ai lavori nel 2012 per aiutare gli scienziati ad armonizzare esigenze ingegneristiche e disegno dei pannelli.

Il progetto ha preso pienamente il via quando il team leader, il professor Larry Howell, ha potuto usufruire di circa 2 milioni di dollari messi a disposizione dalla National Science Foundation. Il nuovo sistema di pannelli solari pieghevoli è

stato presentato alla comunità scientifica internazionale a novembre sul Journal of Mechanical Design.

Il sodalizio tra la BYU e la NASA pare destinato a durare nel tempo e una volta portata a termine l'operazione, sembra che il team di studiosi si occuperà di implementare nuove forme, nuovi meccanismi per i pannelli fotovoltaici terrestri.

Il team della BYU sperimenta la tecnica dell'origami

(Il team della BYU sperimenta la tecnica dell'origami)

Perché l'origami?

L'arte dell'origami ha origine in Giappone in un'epoca imprecisata, che dovrebbe aggirarsi intorno al 1300, e assume da subito una valenza sacra. La tecnica base dell'origami consiste nella piegatura della carta in varie combinazioni che diano vita a diverse forme. Nonostante sia più facile utilizzare questa pratica nel campo delle arti, anche la tecnologia o la matematica traggono spunto da essa per la sua precisione e poliedricità di applicazione.

Gli studiosi della BYU hanno scelto di ispirarsi all'arte dell'origami per sopperire a un problema diffuso riguardante il lancio in orbita di sistemi fotovoltaici: è complicato infatti a livello logistico, nonché molto costoso, mandare nello spazio strutture di grandi dimensioni e peso. Riuscire a creare un sistema di pannelli solari pieghevoli che al momento del lancio siano richiusi su sé stessi e quindi siano maggiormente compatti, renderà l'operazione più semplice. Il sistema sarà agganciato al razzo mandato in orbita, senza pesare eccessivamente s

u di esso. Una volta raggiunto lo spazio però, i pannelli potranno allargarsi fino a dieci volte la loro dimensione iniziale, producendo energia per i satelliti e le stazioni.

L'origami fornisce un modello quasi matematico per le operazioni di piegatura della struttura fotovoltaica che, se non venisse assemblata in modo corretto, potrebbe appesantire il mezzo di trasporto e perdere di efficacia fuori dalla nostra atmosfera. I pannelli solari pieghevoli misureranno circa 2,7 metri a terra, mentre in orbita, una volta aperti, raggiungeranno i 25 metri di diametro, riuscendo a fornire circa 250 kW di energia. Questo sistema innovativo dovrebbe sostituire i tre gruppi di pannelli attualmente utilizzati dalla NASA.

La tecnica di piegatura della carta nell'arte dell'origami

(La tecnica di piegatura della carta nell'arte dell'origami)

Allo stato attuale dei lavori esiste un primo prototipo della struttura che misura appena 1,25 metri, se aperto (in scala 1:20):

Prototipo del sistema di pannelli solari a forma d'origami

(Prototipo del sistema di pannelli solari a forma d'origami)

I precedenti

Non si tratta del primo esempio di incontro tra arte dell'origami e tecnologia spaziale. Nel marzo del 1995 infatti, alcuni scienziati giapponesi misero a punto un sistema di pannelli solari da lanciare in orbita che si avvalessero della

tecnica di piegatura chiamata "Miura-ori", che consente di piegare un foglio di carta rettangolare in modo tale da riaprirlo tirando solo due delle opposte estrem

ità. Applicando il modello al campo della ricerca spaziale, fu possibile creare un sistema compatto, che assumesse la forma di un parallelogramma a terra, per poi espandersi in una struttura ‘alata' in orbita.

Nel 2002 invece lo stesso Robert Lang progettò un telescopio pieghevole, chiamato "Eyeglass", per risolvere il problema del trasporto di questi strumenti nello spazio. Il telescopio raggiungeva un diametro di 3 metri all'apertura, ma da chiuso misurava appena 1,2 metri ed aveva una forma cilindrica. Lo studioso così azzerò la difficoltà insita nell'agganciare uno strumento così importante per l'esplorazione delle galassie alle navicelle spaziali o ai razzi mandati in orbita periodicamente.

AutoreDott.ssa Irene Armaro


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