L'isola di immondizia nel Pacifico: the Trash Vortex

Sulle cartine geografiche non viene segnalata e dal satellite non è visibile, ma nell'Oceano Pacifico esiste un'isola grande quanto il Texas. Il Pacific Trash Vortex, chiamato anche Eastern Garbage Patch o Great Garbage Patch, è un ammasso di rifiuti situato tra il 135o e il 155o meridiano ovest e il 35o e il 42o parallelo nord, tra le Hawaii e la California.

La formazione è dovuta all'azione del vento, che crea il vortice sub-tropicale del Pacifico, in cui l'acqua circola in senso orario. L'acqua è in movimento solo all'esterno del vortice, mentre al suo interno l'acqua è molto calma. Qualsiasi materiale galleggiante viene trasportato all'interno del vortice e, nel tempo, i detriti si sono andati accumulando.

Non tutta la plastica presente in mare galleggia; il 70% del materiale si arena sui fondali, modificandone l'assetto naturale.

La prima misurazione del Trash Vortex è stata effettuata tra il 1985 e il 1988 da ricercatori che avevano base in Alaska.
Quello del Trash Vortex è solo il caso più eclatante, ma in molti mari sono presenti agglomerati più piccoli di rifiuti e plastiche. Un grande ammasso è presente anche nell'Oceano Atlantico e soltanto nel Mare del Nord sono state contate circa 600mila tonnellate di plastica.

rifiuti in mare

DA COSA E' FORMATA

Sebbene la mole di materiali sia enorme, la massa è costituita da microplastiche non visibili a occhio nudo. Non si tratta di un agglomerato ben tangibile e visibile, ma non per questo ne derivano meno danni. La maggior parte degli elementi che formano il Trash Vortex proviene dal carico dei container incidentalmente caduti in acqua, oltre che dai rifiuti che normalmente vengono gettati in mare.

Nell'area ci sono poche isole che potrebbero favorire lo stazionamento del materiale, così questa sorta di "isola che non c'è" si ingigantisce indisturbata nelle acque oceaniche. La massa di rifiuti è costituito prevalentemente da monofilamenti e fibre di polimeri, incrostati con diatomee (alghe unicellulari) e plancton. La situazione è resa ancora più preoccupante dal fatto che in alcuni punti i raggiunge una quantità di rifiuti di gran lunga maggiore delle sostanze naturali: la concentrazione di plastica media del Trash Vortex è stata stimata IN 6 chili di plastica per ogni chilo di plancton naturale e 5,1 Kg/Km2

I DANNI ALL'ECOSISTEMA

Naturalmente l'ecosistema non resta immune dalla presenza dei rifiuti. Molti animali si cibano della plastica e in molti sono stati trovati migliaia di frammenti di plastica. La nocività dei rifiuti non solo provoca la morte di molti esemplari e danneggia le specie biologiche, ma va ad intaccare anche la catena alimentare, arrivando a colpire indirettamente anche l'uomo.

LA NOCIVITÀ DEI MATERIALI

I detriti, unendosi, diventano anche più pericolosi degli inquinanti organici persistenti (Pop), cioè sostanze resistenti alla decomposizione chimica presenti nell'atmosfera e nell'acqua. Alcuni inquinanti sono classificati come cancerogeni, altri come veleni.
La pericolosità delle plastiche accumulate nel mare può superare quella dei Pop. La maggior parte dei materiali è di natura inorganica, per cui non è sottoposto al processo di biodegradazione. La fotodegradazione (processo di disgregazione o cambiamento della struttura delle molecole che avviene con l'assorbimento dei fotoni delle radiazioni luminose) scinde la plastica in polimeri, che difficilmente si disgregano. I tempi di azione della fotodegradazione sono eccessivamente lunghi per essere considerati utili per lo smaltimento dei materiali.

Poiché il Trash Vortex è molto distante dalle coste di qualsiasi Stato, la responsabilità di risolvere il problema non spetta a nessuno in particolare. Per evitare che il Trash Vortex e le altre formazioni di rifiuti marini crescano e causino ulteriori danni bisognerebbe agire singolarmente, facendo attenzione a non disperdere materiale in acqua, e dovrebbero esserci più attenzioni per tutte quelle attività commerciali e industriali off shore, che dovrebbero utilizzare il mare come risorsa e non come discarica naturale.

AutoreClaudia Morelli


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