L'evoluzione delle biomasse come fonte di energia alternativa

La parola biomassa è stata utilizzata per la prima volta nel 1931 da un oceanografo di origine russa Lev Aleksandrovich Zenkevich che con questo termine faceva riferimento alla << quantità di sostanza costituita da organismi viventi per unità di superficie o di volume >> in ambiente acquatico o terrestre. La sua definizione indica la massa che tutti gli organismi viventi di una particolare area possiedono insieme. Più semplicemente si può dire che rientra in questa categoria qualsiasi sostanza di origine organica, vegetale o animale, destinata a fini energetici o alla produzione di ammendante agricolo (fertilizzanti che migliorano le caratteristiche fisiche del suolo), ed essa rappresenta quindi una sofisticata forma di accumulo dell'energia solare. Le biomasse sono considerate fonti energetiche rinnovabili di origine biotica, si tratta cioè di sostanze il cui il tempo di sfruttamento è paragonabile a quello di rigenerazione, ovvero hanno un periodo di ripristino piuttosto breve. Questo significa che non tutta la biomassa è rinnovabile, ad esempio se l'approvvigionamento di una di queste centrali è assicurato dal disboscamento di una foresta, è abbastanza ovvio che non ci troviamo di fronte ad una risorsa rinnovabile. Al contrario, se vengono impiegati gli scarti della lavorazione del legno, oppure sottoprodotti colturali, ramaglie raccolte dalla pulizia e dalla manutenzione dei boschi o reflui zootecnici, non solo si ha a che fare con una risorsa rinnovabile, ma si contribuisce anche al riutilizzo di sottoprodotti e scarti che, nella maggior parte dei casi, sarebbero portati in discarica o bruciati senza alcun controllo delle emissioni e quindi avrebbero un elevato effetto inquinante.

Biomassa

(Esempio di biomassa di origine vegetale: scarti del legno)

BIOMASSA COME FONTE ENERGETICA

Anche l'Unione Europea ritiene importante la materia e ha cercato di disciplinarla con una direttiva del 2009,in cui si definisce la biomassa come << la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani >>, ovvero tutti quei materiali che possono essere trasformati in combustibili solidi, liquidi o gassosi.

Si possono distinguere almeno 4 tipologie di biomasse: 

  • piante legnose
  • piante erbacee
  • piante acquatiche
  • concimi e letami

Biomass sources

(Schema tipologie di biomassa)

Quindi tra le più comuni biomasse possiamo trovare: segatura o trucioli da segheria, legni da ardere come pioppo o eucalipto, fieno, paglia, gusci di nocciole, potature di vite o di alberi da frutto, rifiuti e liquami di allevamento…Bisogna fare, però, un'ulteriore precisazione, ovvero i combustibili solidi, liquidi o gassosi derivati da questi materiali (direttamente o in seguito a processi di trasformazione) sono definiti bio-combustibili, mentre qualsiasi forma di energia utile (termica o elettrica) ottenuta tramite l'uso di biocombustibili è definita bio-energia.

LA CONVERSIONE

È bene sottolineare che quando si parla di energia da biomasse, la conversione è solo una parte di un processo molto più esteso, chiamato filiera energetica e che comprende diversi momenti: l'approvvigionamento, la raccolta e trasporto e l'utilizzo finale dell'energia. E per quanto riguarda proprio la fase di conversione, data la grande varietà delle biomasse con differenti caratteristiche chimico-fisiche, non esiste un'unica tecnologia di trasformazione e bisogna, anche, precisare che le tecnologie disponibili riguardano le biomasse a basso contenuto d'acqua. Quindi, una volta stabilito il contenuto di umidità, a seconda del tipo di biomassa, si individua il processo di conversione più adatto. In particolare risulta fondamentale il rapporto tra il contenuto di carbonio (C) e di azoto (N), e della sua umidità. 

Si può quindi affermare che per le conversioni di tipo termochimico (combustione e gassificazione), risultano adatte le biomasse che presentano

• un elevato rapporto tra il contenuto di carbonio e quello di azoto (C/N > 30); 

• un ridotto contenuto di umidità (u < 30÷50% sul tq); 

un sufficiente potere calorifico inferiore (pci > 2400 kcal/kg ss). 

Per le conversioni di tipo termochimico sono ideali la legna e i suoi derivati, come segatura o trucioli, i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligneo-cellulosico, come paglia di cereali, residui di potature e alcuni scarti di lavorazione come lolla, gusci, noccioli…

Ma vediamo, nel dettaglio, come funziona questo tipo i conversione.

I processi di conversione termochimica sono basati sull'azione del calore che favorisce le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia. Tra questi, la combustione diretta è il più antico e semplice dei processi che si applica a sostanze abbastanza secche e consiste nell'ossidazione completa del combustibile. È generalmente attuata in caldaie in cui avviene anche lo scambio di calore tra i gas di combustione ed i fluidi di processo quali acqua, olio diatermico…

C'è poi la pirolisi, un processo che prevede il riscaldamento, a temperature elevate (tra 400 e 800°C), delle biomasse in assenza di agenti ossidanti (aria o ossigeno) o con una ridottissima quantità di ossigeno (in questo caso il processo può essere descritto come una parziale gassificazione). Dalla pirolisi si ottengono prodotti gassosi, liquidi e solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi utilizzati (pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione. Se la pirolisi avviene ad una temperatura è inferiore ai 400-500°C, la pirolisi è definita carbonizzazione, e produce carbone di legna, combustibili gassosi, e combustibili liquidi (oli pesanti e leggeri). La produzione di energia basata su questa tecnica presenta ancora alcuni problemi connessi alla qualità dei prodotti così ottenuti. Attualmente, le prospettive migliori sono per impianti di grandi dimensioni che utilizzano olio da pirolisi, e per impianti di piccola taglia che usano i prodotti pirolitici con motori a ciclo diesel.

Il processo di massificazione/gassificazione consiste, invece, nella trasformazione in combustibile gassoso di un combustibile solido o liquido, nel caso specifico della biomassa, questo si verifica attraverso una decomposizione termica (ossidazione parziale) ad alta temperatura (900÷1.000°C). Il gas prodotto è una miscela di vapore acqueo e N2, accompagnati da ceneri in sospensione e tracce di idrocarburi. La proporzione tra i vari componenti del gas varia in funzione dei diversi tipi di gassificatore, dei combustibili e del loro contenuto di umidità. 

Processo di gassificazione

(Schema processo di gassificazione)

Infine abbiamo lo Steam Explosion (SE), si tratta di un trattamento innovativo, a basso impatto ambientale, mediante il quale si può ottenere una vasta gamma di prodotti, utilizzando come materia prima le biomasse vegetali. Il processo consiste nell'uso di vapore saturo ad alta pressione per riscaldare rapidamente legno, o qualsiasi altro materiale lignocellulosico, in un reattore che può essere ad alimentazione continua o discontinua.

Invece, per le conversioni di tipo biochimico, sono adatte le biomasse che hanno: 

• un ridotto rapporto carbonio/azoto (C/N < 30); 

• un elevato contenuto di umidità (u > 30÷50% sul tq). 

Ciò significa che la frazione umida è preponderante rispetto a quella secca. In questo caso risultano adatte le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali come foglie e steli di barbabietola, patata, ortaggi.., i reflui zootecnici e alcuni scarti di lavorazione come ad esempio le acque di lavorazione dei frantoi, oltre alla biomassa organica eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate. 

I processi di conversione biochimica (fermentazione) sono dovuti, principalmente, al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni e sono essenzialmente due. Il primo è la digestione anaerobica, dove il processo di fermentazione della materia organica avviene ad opera di particolari famiglie di micro-organismi in assenza di ossigeno e consiste nella demolizione delle sostanze organiche complesse contenute nei vegetali e nei sottoprodotti di origine animale (lipidi, protidi, glucidi), che dà origine ad un gas (biogas) costituito per il 50-70% da metano e per la restante parte soprattutto da CO2, con un potere calorifico medio dell'ordine di 23.000 kJ/Nm³. Il biogas prodotto viene raccolto, essiccato, compresso ed immagazzinato per utilizzarlo come combustibile per caldaie a gas nella produzione del calore o per motori a combustione interna per produrre energia elettrica.

Schema digestione anaerobica

(Schema digestione anaerobica)

Al contrario la digestione aerobica consiste nella metabolizzazione ad opera di batteri delle sostanze organiche in presenza di ossigeno. Questi micro-organismi convertono sostanze complesse in altre più semplici, liberando CO2 e H2O e producendo un elevato riscaldamento del substrato, proporzionale alla loro attività metabolica. Il calore prodotto può essere così trasferito all'esterno, mediante scambiatori a fluido. In Europa viene utilizzato il processo di digestione aerobica termofila autoriscaldata (Autoheated Termophilic Aerobic Digestion) per il trattamento delle acque di scarico. 

La fermentazione alcolica è, invece, un processo di tipo micro-aerofilo che opera la trasformazione dei glucidi contenuti nelle produzioni vegetali in etanolo. L'etanolo risulta un prodotto utilizzabile anche nei motori a combustione interna normalmente di tipo "dual fuel".

Non bisogna dimenticare che nel processo di conversione della biomassa in energia, si produce anche un residuo: nei processi termochimici, è costituito dalle ceneri, mentre nei processi biochimici è costituito dalla frazione non biodegradabile di carbone contenuta nella biomassa. I residui, oltre a diminuire l'energia disponibile, possono essere anche causa di problemi di funzionamento delle macchine, soprattutto nei processi termochimici: a causa delle elevate temperature possono fondersi e formare sostanze liquide molto dense e dannose per la macchina. È quindi fondamentale conoscere la composizione della biomassa per sapere quali elementi potenzialmente pericolosi contiene. 

VANTAGGI RISPETTO AI COMBUSTIBILI FOSSILI

L'utilizzo della biomassa a fini energetici favorirebbe sicuramente la riduzione dell'effetto serra, in quanto il bilancio della CO2 relativo a tale filiera è neutro, questo perché le emissioni di anidride carbonica prodotte dall'utilizzo di biomasse sono in generale compensate dalla quantità assorbita, attraverso la fotosintesi, durante la crescita della biomassa stessa. Questa neutralità risulta vera sia nel caso delle colture dedicate, sia – nel caso di altre colture – solo qualora si ricostituisca il quantitativo di risorsa utilizzata. In ogni caso, occorre poi considerare le emissioni di CO2 equivalenti derivate dal trasporto e dalle altre attività correlate alla produzione e combustione della biomassa. 

Visto che non contribuisce ad aumentare la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera, questa risorsa parte con un notevole vantaggio rispetto ai combustibili fossili che, invece, emettono l'anidride carbonica assorbita milioni di anni fa e, quindi, di fatto nuova CO2. I dati e le ricerche sull'argomento sostengono che l'utilizzo delle biomasse per la produzione di energia è largamente inferiore alle reali potenzialità offerte dal territorio. Le biomasse rappresentano, attualmente, la principale fonte energetica rinnovabile (FER): a livello mondiale forniscono quasi l'11% dell'energia primaria consumata, seguite dalla produzione idroelettrica (2,2%) e da altre fonti di energia quali la geotermia, il solare e l'eolico (0,5%). E si può notare che i paesi in via di sviluppo coprono il 38% del loro fabbisogno energetico tramite l'utilizzo delle biomasse, con alcuni casi estremi come il Nepal (98%) e l'Etiopia (95%). Molto differente è la situazione nei paesi industrializzati, i quali soddisfano mediamente solo il 3,3% del loro fabbisogno energetico tramite questa fonte.

Sicuramente per il nostro paese che importa il 15% dell'elettricità consumata, così come l'80% delle materie prime energetiche, l'utilizzo delle biomasse quale fonte di produzione prima di energia può davvero rappresentare la svolta soprattutto in termini di risparmio economico ed indipendenza energetica.

AutoreDott.ssa Laura Giovannetti


Visualizza l'elenco dei principali articoli