Geotermia: la nuova ricetta del Giappone anti-nucleare

Sostanzialmente, non passa quasi giorno senza che dal Giappone giungano nuovi e sempre più incoraggianti segnali di una crescita sostenibile. Aziende private e pubbliche amministrazioni sono, infatti, doppiamente impegnate sul fronte della ricerca e della realizzazione di impianti per produrre energia elettrica pulita e in quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico del maggior numero di persone possibili. Per evitare i rischi del nucleare e il ripetersi di una seconda Fukushima, il Paese del Sol levante sta finalmente valutando di sfruttare anche il proprio potenziale geotermico.

Una delle immagini simbolo del disastro nucleare Fukushima, dell'11 marzo 2011

(Una delle immagini simbolo del disastro nucleare Fukushima, dell'11 marzo 2011)

In Giappone, circa 120 vulcani sono attivi; a questi, si aggiungono le circa 28000 sorgenti sia naturali sia artificiali di acqua calda.

Nel 2011, nell'anno del disastro di Fukushima, erano attivi 18 siti geotermici, per un totale di 21 unità di produzione di energia elettrica, con una capacità di 537 MWe, un dato davvero di tutto rispetto, se si pensa che si tratta del 5,3 % della capacità totale mondiale di produzione di energia geotermica. E questo solo nel nord del Paese, nelle regioni di Honshu e Kyushu. Ma c'è dall'altro; già allora, le stime parlavano di altri 723 MWe derivanti dai 1500 pozzi e sorgenti di acqua calda, dove la temperatura, altissima, si aggira tra gli 80 e i 120C (nel 1995, a Kakkonda, nel nord-est del Giappone, si sono registrati 500C alla profondità di 3,7 Km). 

Eppure, si tratta ancora di dati "da niente", visto che si stima che per il Giappone, il potenziale di generazione di energia geotermica sia di 20000 MWe (il terzo più alto potenziale geotermico al mondo). Per raggiungere un simile quantitativo di energia, sarebbero necessarie più di venti centrali nucleari!

In Giappone, si contano circa 120 vulcani attivi

(In Giappone, si contano circa 120 vulcani attivi)

Con una simile premessa, arriva, quindi, ancor più gradita la notizia che il Paese del disastro nucleare di Fukushima Dai-ichi sta valutando la possibilità di riconvertire 25 centrali nucleari in centrali geotermiche e di utilizzare così, anche in patria, tutta la tecnologia sviluppata in ambito geotermico negli scorsi anni. Basta pensare, infatti, che addirittura l'Islanda (dove il 90 % del riscaldamento domestico viene dalla geotermia, con un risparmio di 7, 2 miliardi di dollari dal 1970 a oggi) sfrutta turbine di produzione giapponese per far funzionare i propri impianti.

Intanto, in attesa che il governo prenda una decisione sulla riconversione dei vecchi impianti nucleari, stanno, invece, per cominciare i lavori per la realizzazione di un impianto geotermico nel Kurikoma Park, nella prefettura di Akita, nell'isola di Honshu (si parla già del prossimo autunno). Si tratterà del primo impianto costruito all'interno di un parco nazionale e avrà una potenza di uscita tra i 30000 e i 70000 kW.

Il prossimo autunno, inizieranno i lavori di costruzione di un impianto geotermico nel Kurikoma Park

(Il prossimo autunno, inizieranno i lavori di costruzione di un impianto geotermico nel Kurikoma Park)

Infine, a dimostrazione del fatto che i giapponesi hanno tutta l'intenzione di fare sul serio e di sfruttare al massimo il proprio potenziale geotermico, c'è il fatto che il governo è alle prese con la creazione di un programma di sovvenzioni per tutti quei centri che sceglieranno di attingere all'energia della Terra per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. Per ora, il 2013 si è chiuso con 3 miliardi di yen (il corrispettivo di quasi 30 milioni di euro) destinati a progetti di vario genere ma tutti in ambito geotermico. A questi si aggiungono i 15 milioni di euro, prettamente destinati alla ricerca (tanto in campo universitari quanto in campo aziendale) nel settore della geotermia.

AutoreDott.ssa Morena Deriu


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