Fotovoltaico ottenuto dalla ruggine: gli studi israeliani e svizzeri in merito

Nell'ambito del settore relativo al fotovoltaico, la ricerca scientifica muove costantemente nella direzione della maggiore efficienza abbinata a costi inferiori che potrebbero essere opportunamente raggiunti attraverso l'utilizzo di materiali poveri ma ad adeguata conduttività.

Le ultime scoperte in merito arrivano da due importanti istituti di ricerca internazionali, il Technion Israel Institute of Tecnology di Israele e l'École Polytechnique Fédérale di Losanna, e hanno come denominatore comune lo studio di un particolare materiale che noi tutti conosciamo bene anzi, addirittura osteggiamo: la ruggine.

E' infatti possibile sfruttare questa per scindere molecole d'acqua in ossigeno e idrogeno allo scopo di immagazzinare energia solare.

Scopriamo di cosa trattano le importanti ricerche.

Gli studi israeliani 

Un team di ricercatori del Technion Israel Institute of Technology di Israele, ha lavorato alla creazione di una sottile pellicola di ossido di ferro in grado di intrappolare la luce proveniente dall'irraggiamento solare riuscendo ad elaborare un metodo innovativo atto alla scissione delle molecole di acqua in ossigeno e idrogeno attraverso l'utilizzo di film ultrasottili della comune ruggine, con uno stratto di sottigliezza minore di 5000 volte rispetto a un foglio di carta.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Materials, potrebbe assumere un carattere nientemeno che rivoluzionario per il settore del fotovoltaico. Grazie a questa scoperta l'energia solare potrebbe essere immagazzinata a costi ridotti in forma di idrogeno divenendo inoltre base combustibile ideale alla sostituzione delle fonti fossili.

Questo perchè la ruggine permette il notevole abbassamento dei costi del processo di ossidazione dell'acqua, soprattutto se comparata al silicio, materiale noto per il caro prezzo. L'ossido di ferro è un materiale semiconduttore poco costoso da produrre, stabile in acqua e a differenza del più adoperato silicio può ossidare senza essere ossidato, decomposto o corroso.

Il suo grande limite resta però la scarsa conduttività elettrica, problema su cui i ricercatori israeliani stanno lavorando affinchè il sottilissimo strato possa assorbire e conservare efficientemente la luce.

La scoperta potrebbe rendere possibile la progettazione di celle solari maggiormente economiche e capaci di immagazzinare l'energia per 24 ore continuative, a base di fotoelettrodi all'ossido di ferro combinate con il tradizionale silicio o altri materiali per la produzione di elettricità e idrogeno, pannelli potenti rispetto alle tradizionali celle fotovoltaiche in grado di generare energia pulita solo in presenza di buone condizioni atmosferiche. 

I risultati potrebbero essere inoltre utilizzati allo scopo della riduzione dell'utilizzo di quei rari materiali che l'industria del solare adopera come semiconduttori all'interno delle celle fotovoltaiche di seconda generazione. Il "metodo ruggine" garantisce un risparmio anche oltre il 90% di elementi come indio e tellurio, senza che si possa correre il rischio di compromessi in termini di prestazioni e favorendo invece una maggiore conservazione delle materie prime.

(Fonte: Nature Materials)

Il Technion Israel Institute of Technology

(il Technion Israel Institute of Technology in Israele)

Le ricerche svizzere

Studi affini sono stati condotti dall'equipe dell'École Polytechnique Fédérale di Losanna. Il team ha lavorato per più di quattro decenni per arrivare alla finalizzazione di una nuova tecnologia che permette di consumare energia pulita anche di notte, un dispositivo completamente autonomo costituito da una cella tandem contenente un colorante con biossido di titanio e un semiconduttore a base di ossido di ferro ulteriormente arricchito da ossido di silicio e ricoperto in finale da uno strato nanometrico composto da ossidi di alluminio e cobalto.

Da questo deriva un processo chimico interno alla cella solare che permette di utilizzare l'energia prodotta dall'irraggiamento per la produzione di idrogeno possibile di immagazzinaggio e utilizzo come combustibile durante le ore notturne.

Gli elettroni prodotti vengono utilizzati per rompere le molecole di acqua e riformarle in ossigeno e idrogeno quindi, nello stesso liquido, due strati distinti generano elettroni quando stimolati dalla luce, il semiconduttore di ossido di ferro esegue la reazione di sviluppo di ossigeno mentre l'altra cella libera l'idrogeno.

Certamente l'ossido di ferro utilizzato dalla squadra è più sviluppato rispetto a quello che possiamo trovare su un vecchio chiodo arruginito. Nanostrutturato, rafforzato con ossido di silicio, ricoperto da un sottile strato nanometrico di ossido di alluminio e cobalto, trattamenti atti a ottimizzare le proprietà elettrochimiche del materiale ma comunque semplici da applicare.

La seconda parte del dispositivo composta dal colorante e dal biossido di titanio consente invece agli elettroni il trasferimento dall'ossido di ferro ossido per l'estrazione dell'idrogeno dall'acqua.

Affini però alla situazione israeliana sono anche le problematiche intercorse ovvero la necessità di miglioramento dell'efficienza di conversione dell'energia solare. Inevitabile dunque che l'efficienza energetica di una cella solare così trattata oscilli tra l'1,4 e il 3,6% anche se con una previsione di miglioramento futuro verso un risultato del 16%.

A riguardo dei costi, l'obiettivo è arrivare a un prezzo finale del prodotto che renda possibile immagazzinare energia solare a buon mercato pari a circa 80 Dollari al metro quadro, nettamente inferiore ai costi attuali.

(Fonte: EPFL news)

Il video dimostrativo della sperimentazione svizzera sull'utilizzo della ruggine per il fotovoltaico del futuro

AutoreDott.ssa Elisabetta Berra


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