Fotovoltaico: bio-pannelli, piante e batteri

Sono passati almeno cento anni da quando, per la prima volta, si è scoperta la possibilità di produrre energia elettrica attraverso le reazioni metaboliche dei batteri del suolo. Tuttavia, la quantità di energia prodotta era così bassa da non solleticare l'attenzione di troppi scienziati. Negli ultimi anni, però, la University of Harvard, prima, e il campus di Valldaura (non lontano da Barcellona), poi, si sono impegnati per sfruttare al meglio anche questa possibilità, per produrre elettricità in maniera pulita e con maggior efficacia.

La scienza è a conoscenza, da almeno un secolo, delle potenzialità dei batteri del suolo per la produzione di energia elettrica

(La scienza è a conoscenza, da almeno un secolo, delle potenzialità dei batteri del suolo per la produzione di energia elettrica)

Del resto, nel 2009, il team di Harvard (noto anche sotto il nome di Lebônê Solutions) era stato insignito del Breakthrough Award della rivista mensile Popular Mechanics proprio per i progressi fatti in questo ambito. Le loro celle a combustibile microbiche erano, infatti, già in grado di produrre energia elettrica a partire dai rifiuti animali e vegetali e dai microbi presenti nel suolo. 

Nel dettaglio, le celle sono realizzate su un substrato flessibile (che può essere di legno, acciaio o altri materiali, a seconda della disponibilità geografica), su cui è, quindi, collocata la "batteria", nient'altro che uno strato di sabbia che raccoglie i protoni e gli elettroni rilasciati da microbi e matteri (alimentati dagli scari organici) durante la respirazione anaerobica. Il risultato? Energia elettrica sufficiente a far funzionare una lampada LED (ma anche PLED, polimeri elettroluminescenti) durante l'arco di 4/5 ore.

Ovviamente, queste scoperte, applicate a coltivazioni su ampia scala, possono portare alla produzione di grandi quantità di energia. All'interno delle risaie, ad esempio, si può arrivare a ben 330 kW per ettaro, grazie al processo della rizodeposizione: le piante assorbono, attraverso le radici, il materiale organico dal suolo e l'afflusso di carbonio fotosintetico permette di ridurre le emissioni di metano e, allo stesso tempo, di produrre energia elettrica, con un'efficienza del 9 %.

In una risaia, le celle a combustibile microbiche possono produrre sino a 300 kW di energia elettrica

(In una risaia, le celle a combustibile microbiche possono produrre sino a 330 kW di energia elettrica)

Mentre, quindi, il progetto pilota della Lebônê Solutions si impegnava a fornire energia elettrica a un villaggio prima in Tanzania e poi in Namibia, nel campus di Valldaura, lo stesso principio delle celle a combustibile microbico è stato esteso al settore del fotovoltaico, per la produzione di un bio-pannello facilmente realizzabile a casa

Gli "ingredienti" sono semplici e facilmente reperibili: un pannello dove sistemare le piante e piccoli pezzi di metallo, assemblati, per gestirle. Altrettanto semplice è, poi, il processo alla base della produzione dell'energia elettrica: i batteri presenti nel suolo sono, infatti, tenuti in vita dagli stessi sottoprodotti risultanti dalla fotosintesi delle piante; in questo modo, nel terreno (che funziona da batteria), si sprigionano elettroni, a propria volta catturati da un anodo e da un catodo per produrre energia.

Va da sé, quindi, che tipo di pianta e caratteristiche del suolo (in quanto intervengono direttamente sulla crescita microbica) ma anche i metalli utilizzati ricoprono un ruolo determinante per l'efficienza dell'impianto. Si opterà, quindi, per una pianta come il muschio in condizioni con poca luce solare ma alti livelli di umidità, mentre, invece, si opterà per piante come i cactus in regioni con poca acqua. 

I biopannelli con celle a combustibile microbico sfrutteranno piante come i cactus in condizioni di poco acqua

(I biopannelli con celle a combustibile microbico sfrutteranno piante come i cactus in condizioni di poco acqua)

Il nuovo bio-pannello solare del campus di Valldaura sarà, inoltre, dotato di un sensore all'interno del sistema (per regolarne l'umidità) e, ovviamente, non sarà direttamente esposto alla luce (uno stratagemma che permetterà di ricorrere all'energia del sole anche in contesti poco luminosi). Permetterà, inoltre, di ovviare ai problemi ambientali connessi con lo smaltimento del fotovoltaico a fine vita. Tuttavia, saranno necessari ancora molti studi prima che diventi effettivamente efficiente, ovviando alla necessità di dover ricorrere a vaste aree coltivate a piante.

AutoreDott.ssa Morena Deriu


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