Cambia il clima dell'Africa e gli Stati Uniti rischiano più uragani

Il cambiamento climatico dell'Africa rischia di influenzare anche quello dell'America e in particolare degli Stati Uniti, potendo provocare forti uragani. E' questa la notizia lanciata dall'Università di Stanford attraverso uno studio mirato sui sistemi meteorologici africani. 

Noah Diffenbaugh, professore associato di Scienze del sistema terrestre ambientale, presso il Stanford Woods Institute for the Environment, insieme allo studente Christopher Skinner, hanno studiato come l'aumento della temperatura possa influenzare il formarsi di uragani all'interno del bacino Atlantico. I risultati della ricerca sono stati inseriti negli archivi della National Academy of Sciences.

Il clima dell'Africa occidentale varia notevolmente, passando dalla zona tropicale umida lungo l'Equatore, fino ad arrivare alla parte nord, dove si trova il deserto del Sahara con un clima secco. Diffenbaugh e Skinner hanno deciso di simulare in laboratorio diciassette modelli di interazione tra gli oceani e l'atmosfera terrestre. Ogni modello è stato prodotto da un differente istituto di ricerca e ognuno ha simulato dei processi fisici leggermente differenti uno dall'altro. "Per esempio, tutti i modelli hanno bisogno di un componente che simula pioggia. Ci sono diversi modi per rappresentare la pioggia in un modello, e ogni modello lo fa in modo leggermente diverso" ha detto Skinner. "Con l'utilizzo di più modelli siamo in grado di ottenere un senso più completo nelle possibili risposte climatiche, in base al livello di gas serra nell'atmosfera."

Tutti i modelli simulati erano d'accordo nel dire che se aumenteranno i gas serra di conseguenza tutti i venti provenienti dall'Africa e associati alle precipitazioni cresceranno di intensità. Quando i temporali colpiscono le zone aride del Nord Africa, la polvere sahariana attraversa gli oceani e porta con sé il "seme" degli uragani atlantici. Con l'aumento dei gas serra, che si verificherà sicuramente alla fine del XXI secolo, un altro pericolo è l'aumento della temperatura del deserto del Sahara, che diventerà più caldo rispetto alla regione della Guinea. "La differenza di temperatura tra il deserto e la regione più a sud, in realtà diventa più grande di quello che è oggi" ha confermato Skinner. "Poiché la forza delle onde orientali dell'Africa è influenzata dalla differenza della temperatura tra queste due regioni, quindi ci aspettiamo che l'energia di AEWs diventi sempre più grande".

sahara(Il deserto del Sahara rischia di diventare ancora più caldo a causa del surriscaldamento globale)

La regione del Sahel, che è quella che si trova tra l'Equatore e il Sahara, a causa del riscaldamento globale potrebbe subire delle forti precipitazioni, nonostante sia una zona che negli anni ha subito solo numerose siccità. Questo potrebbe quindi significare un maggiore sollevamento di polvere dal deserto dall'Africa verso l'Atlantico. Ed è proprio questa polvere che può influire anche sulla qualità di aria di un posto lontano come i Caraibi.

Ma l'allarme lanciato riguarda soprattutto gli uragani che si formano nell'Altantico. Quelle che vengono definite le onde orientali africane (le perturbazioni) non diventano di per sé uragani, ma sono il seme dell'uragano stesso, perché creano un ambiente protetto in cui si possono sviluppare piogge significative e un "movimento verticale del vento". Secondo gli studiosi l'80% degli uragani più intensi sono associati a questi "disturbi africani". Anche se Skinner ci tiene a sottolineare che questo è "soltanto un pezzo di un  puzzle molto complicato, ma è un pezzo interessante a cui prima non si era guardato".

clima africa(Questa animazione mostra il movimento di un'onda est africana (AEW) in tutta la regione settentrionale del Sahel dell'Africa occidentale. Le velocità ruotano in senso antiorario attorno al centro della AEW (identificata con una X rossa). I colori indicano la quantità di precipitazioni associate all' AEW, mentre i colori blu rappresentano le maggiori precipitazioni) Courtesy of Christopher Skinner- Stanford University-

AutoreDott.ssa Gloria Maria Rossi


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