Biogas: la fonte di energia rinnovabile considerata etica

A conclusione di un mio precedente articolo mi ero chiesta se l'uso della biomassa ai fini della produzione di energia, rappresentasse una strada davvero green o se non fosse solo un modo per ridurre i costi dell'importo di energia da altri paesi, tenuto conto degli effetti collaterali dovuti alla trasformazione quali l'inquinamento per l'immissione nell'ambiente di polveri sottili ed ultra sottili, ossidi di azoto… insomma tutte sostanze con effetti nocivi per la salute della popolazione esposta. Sicuramente, si tratta di una questione importante non solo per il futuro del pianeta, ma anche per l'Italia che gli sta dedicando attenzione ed investimenti e quindi merita un approfondimento e qualche riflessione in più. 

La mia è un'affermazione provocatoria, si tratta di un invito a riflettere, analizzare e cercare la soluzione migliore per la produzione di energia da biomassa, quella che è in grado di conciliare rispetto per l'ambiente, per la salute e favorire un possibile risparmio energetico, ovvero una soluzione che possa essere definita davvero green.

raffigurazione concetto energia green

(Raffigurazione grafica del concetto di energia green)

IL BIOGAS 

Forse una soluzione c'è e già la conosciamo, mi riferisco ai biogas,  ma c'è ancora molta strada da fare. Questi sono un insieme di diversi tipi di gas costituiti principalmente da metano al 70% e per la restante parte da Co2 ed altri componenti. Sono prodotti, spontaneamente, dalla fermentazione batterica, in assenza di ossigeno, dei residui organici provenienti dagli scarti agricoli e dai sottoprodotti dell'attività zootecnica, dalla decomposizione biologica di sostanze organiche, come il legno, la paglia, i reflui di fogna e anche le micro alghe.

Il processo di trasformazione avviene in due momenti distinti, ovvero un primo gruppo di batteri dà il via alla fase di degradazione, durante la quale la sostanza organica si trasforma in composti intermedi, come idrogeno, acido acetico e anidride carbonica. Si può dire che in questo primo momento la biomassa introdotta viene demolita in percentuali variabili tra il 40 e il 60%. Successivamente, un secondo gruppo di batteri, formato da microrganismi metanogeni, (archeobatteri che utilizzano l'idrogeno molecolare liberato dalle fermentazioni), porta a termine il lavoro producendo il metano.

Archeobatteri

(Tipologia di archeobatteri)

Il biogas ricavato dal processo di digestione è composto, quindi, in media da:

  • 50-80% metano
  • 15-45% anidride carbonica
  • 5% altri gas (soprattutto idrogeno molecolare e azoto)

Il prodotto che si viene così a creare, necessità di un ulteriore passaggio prima di poter essere utilizzato negli autoveicoli o immesso nelle reti di distribuzione del gas: deve, infatti, essere sottoposto ad un processo di purificazione in modo da innalzare al 95-98% la percentuale di metano nel biogas, aumentandone in questo modo sia la qualità sia il potere calorifico.E in questi casi si parla di "biometano" anzichè di biogas.

Schema

(Schema esplicativo della produzione di biogas)

Il biogas, nella forma di biometano, è considerato una fonte di energia rinnovabile "etica"/green.

Ci sono molteplici ragioni per questa definizione, sia di tipo scientifico che economico e di sviluppo del territorio. Dal punto di vista scientifico, la chiave è nel processo di purificazione che può essere riassunto da alcune parole chiave: deidratazione, desolforazione, rimozione di ammoniaca gassosa, NH3, mercaptani, polveri a cui aggiungere l'upgrading, ovvero la rimozione dell'anidride carbonica fino a contenere circa il 98% di metano diventando chimicamente molto simile al gas naturale. Per questo motivo il biometano può essere immesso nella rete del gas, dopo un'opportuna compressione e odorizzazione. 

Il biometano può essere utilizzato negli stessi contesti dove si impiega il gas naturale, vale a dire: 

  • stazioni di rifornimento di carburante poste più o meno nei pressi dell'impianto di produzione di biogas; 
  • cogenerazione in impianti centralizzati;
  • utenze domestiche (riscaldamento e cottura);
  • utenze industriali. 

È quindi evidente come il biometano rappresenti un mezzo energeticamente più flessibile, e quindi più efficiente, rispetto al biogas.

Inoltre, non va trascurato l'impatto che il suo sistema di produzione ha a livello locale, è tale infatti da generare un'economia circolare con notevoli benefici per le provincie e le regioni: si va dalla valorizzazione della filiera agricola, al trattamento sostenibile dei rifiuti, alla creazione di posti di lavoro sul territorio e ancora dalla riduzione delle emissioni di gas serra, alla produzione di energia differenziata, decentralizzata, conveniente e rinnovabile.

Da non dimenticare che attualmente, sulla base di quanto disposto dal Dm 5 dicembre 2013, sono previsti incentivi per il biometano immesso nella rete del gas, per gli impianti di cogenerazione ad alto rendimento a biometano, per gli impianti a biogas, gas di discarica e gas residuati riconvertiti alla produzione di biometano e per il biometano utilizzato nei trasporti. Quindi anche a livello legislativo si può dire che si sta prendendo posizione.

IL BIOMETANO IN ITALIA

L'Italia presenta una situazione potenzialmente molto interessante da questo punto di vista, dal momento che il nostro Paese:

  • detiene la quarta posizione a livello mondiale in termini di numero di automezzi alimentati a metano;
  • la Pianura Padana, è caratterizzata da una delle più ampie e organizzate reti di gasdotti d'Europa;
  • esiste una filiera di 850 impianti biogas in funzione a fine 2012 per un potenziale di produzione pari a 5,6 miliardi di metri cubi l'anno, il 50% della produzione nazionale di gas. 

Un'altra importante caratteristica che presenta è che si tratta di una risorsa programmabile, cioè producibile in rapporto alla maggiore o minore richiesta.

Possiede, inoltre, una particolare connotazione trivalente, dato che funziona come combustibile per l'energia elettrica, il calore e l'autotrasporto. Infine, può prestarsi per processi di cogenerazione che permettono di creare agilmente sia corrente elettrica sia calore. 

Recentemente, nel nostro paese, si è iniziato a diffondere il concetto di biometano fatto bene,  un concetto identificato e promosso dal Cib (Consorzio italiano biogas e gassificazione). 

Si tratta di biogas prodotto direttamente in una azienda agricola mediante l'integrazione delle produzioni alimentari e foraggiere con quelle energetiche unendo le produzioni tra loro, tramite il metodo della codigestione tra colture dedicate e biomasse di integrazione, cioè quegli elementi organici che non costituiscono fatturato per le aziende agricole, ad esempio le colture di secondo raccolto, i sottoprodotti agricoli, gli effluenti zootecnici, i sottoprodotti delle agroindustrie, le colture non alimentari ed in particolare le colture perennanti.

Dagli studi fatti e presentati, sembra che il biometano fatto bene, debba essere considerato una bioenergia di seconda generazione di gran lunga tra le più efficienti nell'uso del suolo agricolo e potenzialmente in grado di ridurre le emissioni di CO2 sino a risultare carbon negative

IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA

Sebbene i vantaggi dell'impiego di biogas e biometano siano particolarmente evidenti, non va trascurato anche gli aspetti negativi. 

Impianto di produzione di biogas

(Struttura tipica di impianto per la produzione di biogas)

Infatti, nell'aria, vengono liberate polveri sottili, che emanano ossidi d'azoto, ozono e altre molecole inquinanti in grado di causare gravi danni alla salute, come le malattie respiratorie, possono causare infarti e altre patologia cardiocircolatorie, oltre al cancro al polmone.

A questo va aggiunto anche l'avvelenamento dei terreni. «Molte centrali di biogas — ha spiegato Corti Michele, docente di Agraria all'Università di Milano ed esperto di rischi ambientali  — usano liquami animali combinati con vegetali. Perciò, per alimentare una centrale da un Megawatt, occorre coltivare un terreno di 300 ettari, che viene così sottratto alla produzione alimentare. In questi casi, poiché i vegetali necessari per la fermentazione non sono destinati all'alimentazione umana, i terreni coltivati vengono irrorati con dosi massicce di fertilizzanti e pesticidi, inquinando il terreno stesso e le falde acquifere. Le recenti cronache dei fatti capitati nelle Marche devono far accendere un campanello d'allarme. Sicuramente, ogni strumento, ogni scoperta o conquista scientifica, per quanto buona, perde valore e positività collettiva, se si trasforma solo ed esclusivamente in una fonte di profitto.

AutoreDott.ssa Laura Giovannetti


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