Biodiesel: cos'è, come si produce e che impatti ha
Con il termine biodiesel si indica un carburante bio, dal colore ambrato semi-trasparente e con una viscosità simile al gasolio, ottenuto lavorando oli vegetali e grassi animali, fonti di energia rinnovabile. Può essere utilizzato solo o in combinazione con diverse concentrazioni di petrolio. Il suo uso è in crescente espansione negli Stati Uniti (per quanto circa l'85 % del prodotto provenga dall'Unione europea, con Francia e Germania al primo posto) e interessa il mercato automobilistico, aereo e ferroviario (a patto che i motori gli siano stati predisposti) come anche il settore del riscaldamento domestico e commerciale.
(Macchine per la transesterificazione)
Quel che è interessante è che il biodies può essere prodotto tanto su larga quanto su piccola scala e, dunque, anche a casa propria. Attenzione, però, la legge italiana (decreto legislativo n. 504 del 26 ottobre 1995, art. 40) prevede sanzioni per chi evade l'Accisa sui carburanti: una multa dal doppio al decuplo dell'imposta evasa (in ogni caso, non inferiore a 7.746 €) e una reclusione da sei mesi a tre anni.
Gli oli utilizzati per la produzione del biodiesel possono essere, dunque, tanto animali (nient'altro che grasso) quanto vegetali. In questo caso, si potrà utilizzerà olio vergine e, soprattutto, di scarto e alghe, a minor impatto ambientale.
Ma come si produce il biodiesel?
Il metodo più comune è noto come processo di transesterificazione, un sistema più semplice e meno complesso se l'olio utilizzato per la produzione del biodiesel è vergine (in questo caso, infatti, si evitano ulteriori processi di lavorazione). Attraverso questa reazione chimica, le molecole degli acidi grassi si spezzano grazie all'utilizzo di un reagente alcolico (metanolo o etanolo) rinforzato da un catalizzatore, come la soda caustica. In questo modo, alcool e acidi grassi reagiscono producendo glicerolo e, soprattutto, biodiesel.
Vediamo ora quali sono i potenziali vantaggi e svantaggi derivanti dall'utilizzo di questo biocarburante.
Rispetto al tradizionale gasolio, il biodiesel ha minore potere calorifico (37,5 MJ/kg rispetto a 42,8 MJ/kg); il che significa che ha consumi specifici leggermente superiori. Ha, inoltre, un elevato contenuto di ossigeno (>10%), con un notevole conseguente miglioramento della combustione. Non contiene zolfo e ha un punto di infiammabilità più alto (il biodiesel brucia 120 °C rispetto ai 70 °C del comune gasolio); trasportarlo e stoccarlo è, dunque, indubbiamente più sicuro. Infine, il numero di cetano più alto, indicando il comportamento, in fase di accensione, di un combustibile, corrisponde a un'accensione del motore più rapida.
Il biodiesel ha, inoltre, un minore impatto ambientale, con il 50% di emissioni di ossido di carbonio e il 65% di polveri sottili in meno rispetto al diesel. Oltre a non contenere zolfo, contiene anche meno carbonio e composti aromatici. Si tratta, inoltre, di un prodotto biodegradabile; la catena del carbonio, che lo caratterizza, può essere, infatti, attaccata con maggiore facilità dai batteri, naturali artefici della degradazione di oli e grassi.
Va detto, però, che produce più emissioni di ossidi di azoto e ha un impatto sulla deforestazione e sugli ecosistemi a causa della coltivazione di piante (come canna da zucchero e soia per citare solo due esempi) preposte alla sua produzione. Secondo alcuni economisti, inoltre, il suo consumo e i problemi di deforestazione che ne deriverebbero potrebbe portare a rialzo dei prezzi alimentari, con un conseguente peggioramento del problema della fame nel mondo. I costi tendono, inoltre, a salire maggiormente rispetto a quelli del diesel tradizionale.