Arriva la plastica infinita: si degrada al sole e torna allo stadio di materia prima

Essendo ormai diventato il materiale portante di una molteplicità di settori, la plastica si conferma non solo come uno dei materiali più difficili da smaltire nel rispetto dell'ambiente, ma anche uno di quei materiali di cui non se ne può davvero fare a meno per via di alcune particolari caratteristiche che la rendono resistente e versatile per i più svariati usi. Pertanto, non solo la produzione non trova sintomi di arresto, ma anche lo smaltimento continua a confermarsi come un vero e proprio problema a cui porre rimedio nei tempi più stretti possibili, impresa ovviamente difficile da raggiungere se si continuano ad utilizzare le attuali plastiche di produzione diffuse.

Distesa di plastica nell'oceano

(Distesa di plastica nell'oceano, problema dovuto alla difficoltà dello smaltimento)

Dunque la risposta al problema della sostenibilità della plastica sembra arrivare da un ripensamento completo innanzitutto dei materiali di partenza, possibilmente di origine biologica ma che non vadano ad intaccare in maniera significativa la produzione di vegetali destinati al cibo, anche se da questi è già possibile trarne alcune plastiche vegetali che cominciano a diffondersi sul mercato.

Sembrerebbe quindi un cane che si morde la coda, sacrificare campi agricoli per produrre oggetti e imballaggi a discapito del cibo non sembra una mossa furba per la sopravvivenza della specie umana, ma una prima risposta al problema sembra essere arrivata dal Center for Sustainable Materials Science della North Dakota State University (NDSU), dove un gruppo di ricercatori dei dipartimenti di Chimica e Biochimica e di Rivestimenti e Materiali Polimerici ha scovato una chiave potenzialmente utile non solo alla produzione di una nuova plastica biodegradabile, ma anche al suo recupero.

Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista specializzata Angewandte Chemie, dove si spiega come utilizzando materie prime quali semi oleosi di colture agricole, saccarosio, fruttosio, cellulosa e lignina si riescono a creare particolari molecole le cui proprietà non sembrano essere dissimili dai materiali polimerici già diffusi, con il vantaggio però di poter potenzialmente riavviare una nuova produzione impiegando sempre le stesse singole molecole già utilizzate.  

fruttosio

(Fruttosio, uno degli elementi di partenza della nuova bioplastica)

Infatti il nuovo materiale ottenuto è risultato essere facilmente biodegradabile con una semplice e prolungata esposizione ai raggi solari, dove con l'aiuto dei raggi ultravioletti si riesce non solo a "distruggere" il prodotto realizzato, e dunque la plastica, ma anche a riottenere quel materiale di base da cui si è avviata la produzione originaria. L'esperimento è stato effettuato esponendo questa particolare bioplastica sotto una luce ultravioletta a 350 nanometri per circa tre ore, da cui per l'appunto si è osservato come tutto sia tornato al punto di partenza. In questo modo le potenzialità di riciclo di tale materiale plastico sembrano essere infinite e soprattutto pienamente rispettose dell'ambiente, anche se non si è certi ancora fino in fondo di quali siano le vere potenzialità del nuovo materiale creato.

Quella appena descritta è infatti soltanto la prima fase di uno studio che si prevede debba andare avanti ancora a lungo e seguendo molti step, in quanto non è ancora ben chiaro quale sia l'effettiva resistenza della nuova bioplatsica né tantomeno la sua durata nel tempo. Inoltre bisogna chiarire quale siano le possibilità di immissione sul mercato, in quali contesti e sotto quale forma, così come per il riciclo della materia prima di composizione è ancora da studiare un metodo per sfruttarne il potenziale, punto questo tra i più delicati a cui dare risposta.

AutoreDott. Vito Tricarico


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